Ora come il primo ‘900?

Il rapporto fra l’io e la realtà è da sempre stato un punto focale dello sviluppo dell’individuo. L’uomo si rende conto di ciò che è altro rispetto a lui.
Ecco che avviene la sintesi, come la chiamerebbe Hegel, l’uomo prende coscienza che esistono altri uomini, che esistono cose che esulano dalla sua persona. Questa è la seconda fase del processo cognitivo per Hegel.
Nel periodo che va dalla fine dell’800 agli inizi del 900 troviamo uno svariato numero di scrittori, artisti ed intellettuali in genere che rimangono traumatizzati da questa sintesi con “l’altro”. Si rendono conto che la società di massa li ha emarginati reputandoli inutili e si sentono soli, incredibilmente soli. La loro risposta provano a darla con l’arte che però, nonostante sia volutamente provocatoria, non smuove le acque di uno stagno ormai troppo paludoso. Urlano le loro idee a un mondo di sordi.
Si sentono soli e la loro solitudine si rispecchia nelle loro opere. Vediamo come quasimodo esprime il suo sentire l’uomo come essere inevitabilmente solo, destinato ad una morte tanto solitaria quanto lo è la vita.
La morte diventa l’unico punto certo di un’esistenza triste e mortificante per l’artista. La scienza ha rimpiazzato i grandi pensieri ed ora l’uomo si trova solo senza una luce guida, senza idee da seguire, con la sola, triste certezza della morte.
Questa e la mia analisi del primo 900 ma oggi? Quanto è cambiato?

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